San Valentino, Miti e Leggende

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14 febbraio, giorno di San Valentino, è dedicato alla festa degli innamorati e, mentre i single lo vivono con malinconia, le coppie, di ogni età , organizzano spesso serate romantiche, alcuni giorni da trascorrere insieme, cene a lume di candela, regali importanti come gioielli, o dolci pensierini come fiori, cioccolatini e gadget vari.
La festa di San Valentino fonda le sue radici nell’antichità, nel IV sec a.C. quando i romani pagani rendevano omaggio al Dio Lupercus con un singolare rito: ogni anno i nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un’urna e un bambino sceglieva a caso alcune coppie che avrebbero vissuto in intimità affinché il rito della fertilità fosse concluso.
Determinata a porre fine a questa pratica primordiale, la Chiesa pensò a Valentino come santo “degli innamorati” per sostituire Lupercus. A Roma, nel 270 d. C. il vescovo Valentino di Terni, amico dei giovani amanti, fu invitato dall’imperatore pazzo Claudio II, che tentò di persuaderlo ad interrompere questa strana iniziativa e di convertirsi nuovamente al paganesimo. San Valentino rifiutò con dignità di rinunciare alla sua Fede e tentò invano di convertire Claudio II al Cristianesimo. Il 24 febbraio San Valentino fu lapidato e poi decapitato.
La storia inoltre sostiene che mentre Valentino era in prigione in attesa dell’esecuzione, sia “caduto” in amore con la figlia cieca del guardiano, Asterius, e che con la sua fede avesse ridato miracolosamente la vista alla fanciulla e che, in seguito, le avesse firmato un messaggio d’addio: “dal vostro Valentino”, frase che visse a lungo anche dopo la sua morte.

Più precisamente, chi fa della magia nera cerca di sottomettere le entità del cosmo al proprio volere (sovvertendone le leggi), chi fa della magia bianca sottomette invece la propria volontà alle leggi del cosmo. Ciò significa che per operare in armonia con l’universo occorreva sviluppare un senso morale basato sull’obbedienza a Dio e sul rispetto della sua volontà.
E poiché si pensava che la volontà divina coincidesse con la razionalità oggettivata del mondo, la magia bianca si proponeva di preservarla, e anzi di favorire la sua naturale evoluzione. La magia bianca si inseriva così nell’ottica tipica dei pensatori rinascimentali, i quali ritenevano che tutta la creazione, corrottasi a causa del biblico peccato originale, tendesse a ritornare verso la perfezione originaria. Come l’uomo tende verso la divinizzazione, così ogni elemento tende a ritornare verso la meta cui è stato assegnato (o entelechia), secondo la concezione aristotelica mescolatasi con quella platonica. Si cercava in un certo senso di risolvere la materia nello spirito; la magia bianca finì in tal modo per coincidere con l’alchimia, che si prefiggeva di costruire la pietra filosofale, al fine di trasmutare i metalli in oro, considerato la meta naturale di ogni elemento. L’oro era ricercato non a scopi di avidità o di possesso, ma per le sue proprietà intrinseche, essendo tra i metalli quello più incorruttibile (cioè più resistente al tempo), oltre ad essere un ottimo catalizzatore da usare nelle reazioni chimiche.
Gli interessi suscitati dalla magia bianca, rivolta esclusivamente allo studio della natura e al rispetto delle leggi in essa presenti, funsero così da apripista alla chimica moderna. L’opera dell’alchimista consisteva infatti essenzialmente nello studio empirico delle sostanze elementari e in esperimenti scientifici su di esse. Egli ne cercava le proprietà operando all’incirca come un chimico, catalogandole, tentando miscugli, introducendo nel suo lavoro fornelli ed alambicchi che saranno poi gli strumenti principali utilizzati dalla chimica come la intendiamo oggi.

 

 

 

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